Il folklore della zucca
nell’analisi del composto antico indiano kuṣmāṇḍadi ROSA RONZITTI
Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti e Spettacolo
Via Balbi 6, I-16126 Genova, Italia.
Rosa.Ronzitti@unige.it
Abstract
Nel presente lavoro un’accurata indagine etimologica sul fitonimo antico indiano
kuṣmāṇḍa-, che indica la zucca Benincasa cerifera, conduce a formulare per esso l’etimologia ‘uovo del folletto’ o ‘testicolo del folletto’.
[Parole chiave: zucca, uovo/testicolo del folletto, antico indiano] In the present paper a careful inquiry into the etymology of the Old Indic name
kuṣmāṇḍa- (the pumpkin-gourd Benincasa cerifera) offers the possibility to posit for
it the meaning ‘goblin egg’ or ‘goblin testicle’.
[Keywords: pumpkin-gourd, goblin egg/testicle, Old Indic] Beware of goblins laying eggs in the garden!*
1. Alla voce sanscrita kuṣmāṇḍaḥ, m., Manfred Mayrhofer [1956, 247] riporta
«eine Kürbisart / a kind of pumpkin (Beninkasa cerifera)», suggerendo un’etimologia anaria: «Wahrscheinlich austroasiatisch, aus dem Präfix kuṣ- und einem nach
austroasiatischen Sprachgesetzen mit bhaṭā unsw. vermittelbaren -māṇḍa- zusammengesetzt». Il Mayrhofer riprende la sua ipotesi dal celebre volume di F. B. J.
Kuiper Proto-Munda Words in Sanskrit (Amsterdam 1948), ove lo studioso olandese propone per molte parole sanscrite etimi di sostrato, qui in particolare fatti
derivare da elementi lessicali indicanti oggetti gonfi e tondeggianti [Kuiper 1948,
144 e 162]. Nel prosieguo del lemma il Mayrhofer aggiunge l’interessante osservazione che tale nome, con alcune sue varianti, indica anche una classe di creature
demoniache, forse «als „dickbäuchige, aufgeschwollene Wesen“». L’aggiornamento del 1989 [Mayrhofer 1989, 387-388], però, non solo non apporta sostanziali
* Slogan pubblicitario di un catalogo americano di sementi per zucche.
QUADERNI DI SEMANTICA / ANNO XXXV, NUMERO 1, GIUGNO 2014, pp. 51-58
Quaderni semantica 1-14:Layout 1 16/09/14 11:07 Pagina 51
52
novità, ma introduce un dubbio circa la natura della polisemia ‘zucca’/‘folletto’:
«Vielleicht bleiben aber die Dämonen-Namen von dem Kürbis-Wort fern, und möglicherweise sind sie […] mit kūśmá- zu verbinden […]. Alles ganz unsicher».
Ora, conviene chiedersi, e nel merito e nel metodo, quale sia il guadagno in
sede etimotetica: 1) nel richiamarsi a sostrati anarî laddove è possibile offrire una
soluzione convincente e immediata entro l’asse genetico cui appartiene il fitonimo,
ovvero l’antico indiano; 2) nel negare un’allettante relazione tra il mondo della
flora e quello del sovrannaturale, come la duplicità semantica del termine sembrerebbe invece suggerire.
A noi sembra che il guadagno sia davvero nullo e anzi negativo. Chi consultasse
poi solo il lemma del 1989 non potrebbe che ricavare, a torto, un certo scetticismo
circa la capacità esplicativa della scienza etimologica. Eppure basta davvero poco
per offrire una spiegazione convincente e lineare del vocabolo: è ciò che tenteremo
di fare nei paragrafi seguenti.
2. A una immediata lettura kuṣmāṇḍa- ha l’aria di un composto il cui secondo
membro sia āṇḍá-, n., ‘uovo’, termine comunissimo già attestato alle origini della
letteratura indiana, cioè nel R̥ gveda. Il cognato più probabile sembrerebbe il protoslavo *iędro, che significa ‘nocciolo, sfera, testicolo’ [Vasmer 1958, 482-483],
ed effettivamente anche āṇḍá- può indicare i ‘testicoli’, per esempio al duale maschile e femminile (così nell’Atharvaveda)
1 e, in ogni caso, come secondo membro
di composto.
Il dizionario sanscrito del Monier-Williams [1899] presenta, a p. 298, la voce
kuṣmāṇḍa-. L’organizzazione del lemma è piuttosto caotica e si tenterà qui di darne
una sintesi ragionata.
Kuṣmāṇḍa- indica al maschile soprattutto una cucurbitacea assai diffusa in
India, la Benincasa cerifera (nel Māhābharata e nella Suśruta Saṃhitā). Per traslato, il fitonimo si applicherebbe anche a una donna gravida (nei lessici); il plurale
designa invece una classe di creature demoniache che fanno parte del corteo śivaitico (nei Purāṇa); il neutro indica dei gruppi di versetti tratti dalla letteratura rituale
vedica e recitati durante riti espiatorî. Poiché è molto comune nella cultura indiana
che il nome di un demone sia anche nosonimo, non fa meraviglia che nel Harivaṃsa, sorta di appendice al Māhābharata, kuṣmāṇḍa- o kūṣmāṇḍa-, m., valga
come ‘N. of a demon causing disease’. Al femminile, infine, kuṣmāṇḍī è nome
della terribile dea Durgā (nel Harivaṃsa), ma anche della zucca Benincasa cerifera
(nei lessici) e di un gruppo di mantra purificatorî appartenenti alla letteratura rituale
vedica (vd. supra).
Una seconda voce kūṣmāṇḍa- [Monier-Williams 1899, 300] viene trattata come
varia lectio della precedente e non aggiunge nuovi significati, ma solo nuove occorrenze.
È da notare che la forma del composto oscilla fra kuṣmāṇḍa-, kūṣmāṇḍa-,
ROSA RONZITTI
1 Si vedano il nominativo maschile āṇḍaú in AV IX,7,13 e la forma Vr̥kī āṇḍyàu in AV
VI,138,2 (quest’ultima un accusativo probabilmente femminile).
Quaderni semantica 1-14:Layout 1 16/09/14 11:07 Pagina 52
53
kuśmāṇḍa-, kūśmāṇḍa-. Come si vede, i parametri di variazione sono due: la lunghezza di /u/ e l’articolazione della sibilante, retroflessa o palatale. Le lezioni alternative presentate da alcuni testi e registrate dal Monier-Williams mostrano che
una certa confusione e interscambiabilità dovette sussistere tra le forme del primo
membro.
2.1. Kūśmá- e kūṣmá- sono anche sostantivi indipendenti. Sempre nel MonierWilliams [1899, 300] li troviamo insieme con il significato di ‘N. of an imp or goblin’. Il primo appartiene alla Vājasaneyi Saṃhitā (XXV,7), il secondo alla
Maitrāyaṇī Saṃhitā (III,15,9), due testi molto antichi e centrali per il vedismo.
Non esistono invece attestazioni di kuṣma- o kuśma- fuori di composto; si segnala
tuttavia un isolato kuṣmala-, n., ‘foglia’ [Monier-Williams 1899, 298, Uṇadisūtra],
che presuppone una base kuṣma-. Ammettendo che tale base (ed eventualmente
anche kuśma-) significhi essa stessa ‘foglia’2 e che il composto sia di tipo determinativo, abbiamo ora quattro possibili interpretazioni:
‘uovo del folletto’
‘testicolo del folletto’
‘uovo della foglia’
‘testicolo della foglia’.
Mentre la seconda coppia di significati (‘uovo della foglia’ o ‘testicolo della
foglia’) ci sembra poco convincente, anche se non impossibile, la prima (‘uovo
del folletto’ o ‘testicolo del folletto’) colpisce subito per la potenza dell’immagine
che richiama alla mente.
Il nome trarrebbe cioè la sua motivazione dal fatto che alcuni elementi del
mondo vegetale possano essere visti come ‘uova’ o ‘testicoli’ depositati da (o appartenenti a) qualche creatura fantastica. All’origine di tali tipi iconimici non ci
sarà solo una banale somiglianza di forme, ma anche una trasfigurazione mostruosa
della flora: il demone passa e lascia il suo uovo, dal quale altri demoni nasceranno;
la natura si anima di presenze fantastiche e inquietanti3
.
Il tipo ‘uovo di essere demoniaco’ è attestato in varie aree linguistico-geografiche. Il parallelismo più stringente sembra quello con il fungo Phallus impudicus.
IL FOLKLORE DELLA ZUCCA NELL’ANALISI DEL COMPOSTO ANTICO INDIANO KUṢMĀṆḌA2 Kuṣmala- potrebbe essere un diminutivo o un derivato in *-lo- senza particolari modificazioni semantiche rispetto alla base.
3 Nel trittico di Hieronymus Bosch Le tentazioni di Sant’Antonio è rappresentato un frutto
rosso da cui esce una schiera di diavoli davvero bizzarri. Varallo [2004, 150] identifica tale frutto
con una cucurbitacea. Un quadro attribuito a Girolamo da Carpi (ca. 1525), il Corteo magico,
mostra una curiosa processione di mostri zooantropomorfi al centro della quale sta una carrozza
ricavata da una zucca e trainata da un bipede fantastico (l’insieme ricorda il cocchio di Cenerentola). La zucca è bucata e da essa si sporge uno strano vecchio barbuto, sovrastato da un
istrice, da un uccello e da un altro vecchio (il quadro, di evidente ispirazione boschiana, è esposto
nella Sala di Ercole della Galleria Borghese a Roma). Meriterebbero senz’altro un maggior approfondimento le numerose congruenze fra i demoni del Bosch e quelli che tradizionalmente
compongono i cortei mostruosi di Śiva-Rudra descritti in molti testi della letteratura sanscrita.
Quaderni semantica 1-14:Layout 1 16/09/14 11:07 Pagina 53
54
Popolarmente chiamato satirione per la forma oscena4
, è però anche ‘uovo del diavolo’ (uovo del diavolo, œuf du diable) in area romanza e ‘uovo della strega’
(witch’s egg) in Gran Bretagna, poiché esso, prima di aprirsi ed erigersi, ha forma
tondeggiante5
. La mandragola, che è detta in arabo tuffāḥ al-jinn ‘mela del folletto’
o baiḍa al-jinn ‘uovo del folletto’, riceve nel Medioevo il nome popolare di ‘uovo
di Satana’ o ‘del diavolo’6
.
Se torniamo alle zucche, è di uso comune e corrente nel mondo anglosassone
chiamare goblin eggs piccole cucurbitacee semitondeggianti e bitorzolute (del tipo
Cucurbita pepo), coltivate nei giardini a scopo ornamentale. Ciò non può stupire,
dato il posto che questo vegetale occupa nel folklore celtogermanico: le rinverdite
connessioni della zucca con le feste dei morti, le anime purganti e il demoniaco
sono resti di un ben più vasto insieme di credenze, residuali anche in alcune zone
dell’Italia7
.
3. Dopo questa premessa possiamo contestualizzare meglio il valore dell’etimologia ‘uovo del folletto’ anche nella cultura indiana antica, ove le potenzialità
“fecondative” di kuṣmāṇḍa- sono già evidenti dal suo applicarsi al ventre gravido
di una donna (vd. in 2.).
L’idea che i demoni producano uova è probabilmente testimoniata sin dal
R̥ gveda. In una preghiera rivolta al dio Indra nell’inno VIII,40,10d e 11d si dice
per due volte (con lievi varianti):
śúṣṇasyāṇḍā́ni bhédati
āṇḍā́ śúṣṇasya bhédati
‘Spezzerà le uova di Śuṣṇa’.
ROSA RONZITTI
4 Cfr. Penzig [1924, 344].
5 Cfr. Zeitlamyr [1977, 214-216]. Il Phallus impudicus vanta caratteristiche piuttosto ripugnanti, che si prestano all’associazione con il demoniaco: quando è aperto, infatti, attira gli insetti
con il suo fetore, simile a quello di carogne decomposte (in tedesco è noto come Stinkhorn). Tra
il fungo e l’uovo e il fungo e la zucca esistono in molte lingue denominazioni interscambiabili o
affini. Qualche esempio è discusso in Pavlova Wasson – Wasson [1957, 127 ss.], i quali citano,
tra l’altro, il milanese cocch velenos, cocch bastard e cocch fals per la Amanita muscaria.
6 Fuori dal mondo vegetale sono invece ‘uova del drago’ i massi erratici che punteggiano il
paesaggio alpino [Bracchi 2009, 106-109]. Si ringrazia il Rev. Prof. Remo Bracchi che ha reso
più spedita la ricerca fornendo dati tratti dai dialetti della Valtellina e della Valchiavenna.
7 Non si può percorrere in questa sede la storia di un tema così vasto, ma ci sembra del tutto
evidente l’irrealtà delle cronologie relative all’uso di intagliare le zucche di Halloween, chiamate
Jack o’Lantern, durante le festività in onore dei morti: datazioni agli anni ’30 del secolo XIX
sono troppo moderne e potranno riferirsi all’impiego di un particolare tipo di zucca che i coloni
irlandesi trovarono in America, non certo all’abitudine celtica di scavare tuberi tondeggianti
(rape e barbabietole) per porvi dentro dei lumini (su tutto ciò si vedano fra gli altri Allies [1856,
423], Hutton [1996] e la voce Jack o’Lantern in OED [1971, I, fasc. VIII, 539-540]): l’area padana, celtica prima della romanizzazione, ha conservato le cosiddette lümere fino al Dopoguerra.
Nell’Italia meridionale, ancora oggi in Abruzzo e in Puglia, tradizioni simili si perdono in un
passato assai remoto ed autoctono, facendo capo a concezioni magico-religiose antichissime e
comuni a molti gruppi umani. Sul folklore della zucca si veda, molto in generale, Cattabiani
[1996, 357-360].
Quaderni semantica 1-14:Layout 1 16/09/14 11:07 Pagina 54
55
Śuṣṇa è il terribile mostro che causa la siccità. L’uso del plurale āṇḍā́(ni)8
induce a interpretare le ‘uova’ come i figli che egli diffonderà sulla terra: anch’essi
devono essere sterminati, insieme con il genitore, affinché la minaccia svanisca
completamente [Lazzeroni 1985].
La metafora delle uova rappresenta, con grande precisione e puntualità, la prole
contenuta in un involucro, come si può desumere da una supplica rivolta ancora a
Indra in RV I,104,8cd:
āṇḍā́ mā́ no maghavañ chakra nír bhen
mā́ naḥ pā́trā bhet sahájānuṣāṇi
‘O generoso, o forte, non spezzarci le uova!
Non spezzarci le coppe che contengono la discendenza!’9
.
Il sostantivo pā́tra-, che riprende e in un certo qual modo glossa l’āṇḍā́ del
verso precedente, è nome-strumento di pā- ‘bere’: si tratta in origine di un bicchiere, calice o coppa che contestualmente assume la valenza di ‘ventre materno’;
è insomma il guscio dentro il quale si sviluppa la progenie degli oranti timorosi.
La paura che i propri figli facciano la fine riservata ai figli dei nemici di Indra
muove perciò l’accorata preghiera.
Rileviamo che il sintagma āṇḍā́ bhid- ‘spezzare le uova’ descrive la rottura di
un guscio anche in un altro inno, RV X,68,7cd:
āṇḍéva bhittvā́ śakunásya gárbham
úd usríyāḥ párvatasya tmánājat
‘Come [la madre spinge fuori] il piccolo dell’uccello avendo spaccato le uova,
[il dio Br̥haspati] in persona spinse le vacche rossicce fuori dalla montagna’.
Il dio-sacerdote Br̥haspati libera le aurore che il demone Vala aveva catturato
e rinchiuso dentro di sé: quando il demone-tenebra è sconfitto, le Aurore fuoriescono e la luce torna sulla terra. Il recinto-uovo è Vala stesso (il suo nome significa
infatti ‘chiusura’) e la sua apertura è una metafora per il sorgere dell’alba.
In conclusione, tutte e quattro le occorrenze di āṇḍá- nel R̥ gveda sono accusativi neutri plurali retti dal verbo bhid- ‘spezzare’ e fanno capo a immagini ben
vivide e realistiche, suscitate dall’osservazione della natura.
3.1. Risulta comunque possibile ammettere anche la seconda proposta interpretativa, ‘testicolo del folletto’: in tal caso la zucca trarrebbe il suo nome dalla
rappresentazione grottesca, esagerata e deformata, degli organi genitali di qualche
spirito maligno.
IL FOLKLORE DELLA ZUCCA NELL’ANALISI DEL COMPOSTO ANTICO INDIANO KUṢMĀṆḌA8 āṇḍā́ni e āṇḍā́ sono entrambi accusativi neutri plurali, il secondo con desinenza più arcaica,
non analogica a quella dei temi in nasale.
9
Il verbo bhet è qui un ingiuntivo (da aoristo radicale) alla seconda persona singolare.
Quaderni semantica 1-14:Layout 1 16/09/14 11:07 Pagina 55
56
Nell’Atharvaveda, raccolta di inni prevalentemente magico-esorcistici, troviamo
il composto essocentrico kumbhámuṣka- ‘che ha lo scroto a forma di pentola’ (da
kumbhá- ‘pentola’ e muṣká- ‘scroto, testicolo’). Tale composto occorre in VIII,6,
un testo recitato contro i demoni che procurano l’aborto. Si veda la strofe 15:
yéṣām paścā́t prápadāni puráḥ pā́rṣṇīḥ puró múkhā
khalajā́ḥ śakadhūmajā́ úruṇḍā yé ca maṭmaṭā́ḥ kumbhámuṣkā ayāśávaḥ
tā́n asyā́ brahmaṇas pate pratībhodéna nāśaya
‘Quelli le cui punte dei piedi sono di dietro e i calcagni davanti e davanti le
facce, quelli nati sull’aia, nati dal fumo del letame, gli Uruṇḍa e i Maṭmaṭa,
che hanno testicoli grandi come vasi, tanto che non sono capaci di unirsi
sessualmente, o Brahmaṇaspati, riconoscendoli, cacciali via’10
.
L’enorme dimensione dei testicoli, insieme ad altre deformità e distorsioni,
caratterizza queste orrende creature che Brahmaṇaspati, qui versione domestica
del più elevato Br̥haspati r̥gvedico, cerca di tenere lontane dal grembo femminile11
.
Un secondo passo, su cui ha attirato l’attenzione Agrawala [2000], è AV
XI,9,17:
cáturdaṃṣṭrāṃ chyāvádataḥ kumbhámuṣkām˘˙ ásr̥ṅmukhān
svabhyasā́ yé codbhyasā́ḥ
‘Dalle quattro zanne, dai denti neri, dai testicoli grandi come vasi, dal volto
insanguinato, quelli che si fanno paura da soli e [sono] terrificanti [tu falli
apparire]!’.
La preghiera è rivolta ad Arbudi, uno spirito protettore, serpentiforme ma benefico, cui viene chiesto di far apparire ai nemici eserciti di mostri spaventosi come
quelli elencati nella strofe.
Basta scendere di qualche secolo nella cronologia della letteratura indiana per
incontrare il composto kumbhāṇḍa-. I Kumbhāṇḍa sono una classe di demoni comandati da Rudra. Li troviamo per esempio in lotta contro Viṣṇu nel Bhāgavata
Purāṇa. Il termine, al femminile, indica tuttavia una zucca [Monier-Williams
1899, 293].
Nella lingua medio indiana pāli, nella quale fu scritto il canone buddhista, il
medesimo composto si presenta come kumbhaṇḍa-12. Il Pali-English Dictionary
ROSA RONZITTI
1 Traduzione di Sani – Orlandi [1992, 257].
11 È tipico dell’Atharvaveda, in prevalenza costituito da incantesimi, ridurre le grandi divinità
indiane a stregoni-esorcisti. Esse non vengono adorate sugli altari dei bramani, bensì evocate
dalla famiglia perché tutelino la casa, la salute e i beni che gli spiriti maligni continuamente minacciano.
12 L’abbreviamento di -a- centrale è dovuto alla legge delle due more, che vige nel medio
indiano: la sillaba chiusa richiede obbligatoriamente una vocale breve e viene perciò abbreviata
anche una vocale lunga originaria [Mayrhofer 1951, 42].
Quaderni semantica 1-14:Layout 1 16/09/14 11:07 Pagina 56
ne dà la seguente spiegazione: «1. m. a class of fairies or genii grouped with
Yakkhas, Rakkhasas and Asuras … 2. nt. a kind of gourd» [Rhys Davids – Stede
1921-1925, 222]. I Kumbhaṇḍa buddhisti si presentano come semidèi nani e deformi guidati da Virūḍhaka, che è annoverato fra i quattro grandi reggenti, o divinità guardiane, del mondo [Agrawala 1987].
Il composto kumbhāṇḍa-/kumbhaṇḍa- può avere un’interpretazione essocentrica, ‘i cui testicoli sono come pentole’, o anche endocentrica ‘testicolo/uovo pari
a una pentola’. La prima si adatta al significato di ‘demone’, la seconda può forse
meglio rendere conto di quello di ‘zucca’. La polisemia risulta la stessa di
kuṣmāṇḍa-, nel quale però il primo membro non designa un oggetto, bensì il demone stesso.
Ha sicuramente ragione l’Agrawala nel sostenere che i Kumbhāṇḍa discendono dalle raffigurazioni demoniache dell’Atharvaveda. Secondo lo stesso studioso, inoltre, la pentola, termine di comparazione grottesco e iperbolico delle
parti genitali, allude con grande probabilità all’idrocele: ancora oggi nell’India
orientale, fuori dalle aree urbane, designazioni vernacolari della zucca servono
come eufemismi per designare questo tipo di malattia. Rappresentando i testicoli,
il vegetale non può essere toccato da una donna prima che un uomo ne abbia reciso il gambo con un coltello [Agrawala 2000, 72-73]: un contatto tra la zucca e
i genitali femminili era invece prescritto da Ippocrate per guarire la stranguria
(De natura muliebri 61).
4. Ci sembra infine possibile proporre una soluzione per l’etimologia delle parole kuṣma-/ kuśma- e kūṣmá-/kūśmá-. Il dizionario delle radici indoeuropee del
Pokorny [1959, 588-589] riporta la radice *keu-/*keuə- ‘piegarsi, arto, giuntura’,
con varie possibilità di ampliamento. Per la coppia kūśmá- e kūṣmá-, ‘N. of an imp
or goblin’ (vd. supra), si può pensare rispettivamente: 1) alla base a grado zero
*kuə- seguita da una palatale indoeuropea più il suffisso *-mo- (kūśmá- da *kuək̑-
mó-) e 2) alla base a grado zero *kuə- seguita dal conglomerato suffissale *-smo-
(kūṣmá- da *kuə-smó-). Il folletto trarrebbe perciò il suo nome dalla caratteristica
fisica di essere ‘gobbo’ o ‘ricurvo’.
Per le forme con la breve è invece necessario partire direttamente dal grado
zero *ku-. Anche il tema kuṣmala- ‘foglia’ (in quanto ‘ricurva’) apparterrebbe
quindi alla stessa radice.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Agrawala, Prithvi Kumar [1987], The Kumbhāṇḍa Figures in Sanchi Sculptures, «East
and West» 37, pp. 179-189.
Agrawala, Prithvi Kumar [2000], The Vedic Kumbhamuṣka and the Kūṣmāṇḍa Concept, «Journal of the Ganganatha Jha Kendriya Sanskrit Vidyapeetha» 52-53,
pp. 67-73.
Allies, Jabez [1856], The British, Roman, and Saxon Antiquities and Folk-Lore of
Worcestershire, London, John Russell Smith.
IL FOLKLORE DELLA ZUCCA NELL’ANALISI DEL COMPOSTO ANTICO INDIANO KUṢMĀṆḌA- 57
Quaderni semantica 1-14:Layout 1 16/09/14 11:07 Pagina 57
Bracchi, Remo [2009], Nomi e volti della paura nelle valli dell’Adda e della Mera,
Tübingen, Max Niemeyer Verlag.
Cattabiani, Alfredo [1996], Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Milano,
Arnoldo Mondadori Editore.
Hutton, Ronald [1996], The Stations of the Sun: A History of the Ritual Year in Britain,
Oxford, Oxford University Press,
Kuiper, F. B. J. [1948], Proto-Munda Words in Sanskrit, Amsterdam, N.V. Noord-Hollandsche Uitgevers Maatschappij.
Lazzeroni, Romano [1985], La madre di Vr̥tra, in Enrico Campanile (a cura di), Studi
indoeuropei, Pisa, Giardini, pp. 101-107.
Mayrhofer, Manfred [1951], Handbuch des Pāli, Heidelberg, Carl Winter Universitätsverlag.
Mayrhofer, Manfred [1956], Kurzgefaßtes etymologisches Wörterbuch des Altindischen. A Concise Etymological Sanskrit Dictionary. Band I: A – T, Heidelberg,
Carl Winter Universitätsverlag.
Mayrhofer, Manfred [1989], Etymologisches Wörterbuch des Altindoarischen. I Band.
Lieferung 5, Heidelberg, Carl Winter Universitätsverlag.
Monier Williams, Monier [1899], A Sanskrit-English Dictionary, Oxford, Oxford University Press.
OED [1971], Oxford English Dictionary. Volume I: A–O, Oxford, Oxford Clarendon
Press.
Pavlovna Wasson, Valentina – R. Gordon Wasson [1957], Mushroom, Russia and History, Vol. I, New York, Pantheon Books.
Penzig, Otto [1924], Flora Popolare Italiana. Raccolta dei nomi dialettali delle principali piante indigene e coltivate in Italia, Vol. I, Genova, Orto Botanico della
R.a Università.
Pokorny, Julius [1959], Indogermanisches etymologisches Wörterbuch, Vol. I, Tübingen und Basel, Francke Verlag.
Rhys Davids, T. W. – William Stede [1921-1925], Pali-English Dictionary, London,
Pali Text Society.
Sani, Saverio – Chatia Orlandi [1992], Atharvaveda. Inni magici, Torino, UTET.
Varallo, Franca [2004], Bosch, Milano, Rizzoli-Skira.
Vasmer, Max [1958], Russisches etymologisches Wörterbuch. Dritter Band: Sta–Ÿ,
Carl Winter Universitätsverlag.
Zeitlamyr, Linus [1977], I funghi, Roma, Edizioni Mediterranee (ed. or. 1955)