M. Tullio Cicerone, Epistole Ad Attico di Carlo Di Spigno

NOTA CRITICA TRADIZIONE MANOSCRITTA

Il testo delle Epistole ad Attico è arrivato a noi attraverso due grandi famiglie di codici che, a seconda dei paesi di provenienza, sono detti rispettivamente cisalpini e transalpini. I mss. della prima famiglia, la cisalpina, si suddividono in due sottofamiglie (Σ e Δ) e sono tutti derivati dal medesimo archetipo (Ω). La sottofamiglia Σ comprende codici piuttosto scarsi di numero e per lo più mutili, mentre l’altra (Δ) è costituita da codici numerosi e per lo più integri. Nessun codice né della prima, né della seconda sottofamiglia, è stato scritto prima del secolo XIV.

Sottofamiglia Σ :
E = Ambrosianus E 14 inf., scritto, molto probabilmente, nei primi decenni del secolo XIV e, quindi, risultante il più antico dei codici superstiti. L’Ambrosianus presenta moltissime lacune, specialmente nei libri IV-VI, di lunghezza più o meno rilevante, donde la denominazione di «Excerpta Ambrosiana», con cui talora viene designato.
G = Parisinus, conservato nella Bibliothèque Nationale, «Nouv. Fonds» 16248, scritto tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo. Presenta molte lacune ed inoltre a VI, 1, 8, alla parola probari, viene meno la tradizione
della sottofamiglia Σ , poiché il testo, scritto da mano diversa, risulta copiato da un ms. di Δ .
H = Landianus 8, conservato nella Biblioteca di Piacenza, da ascriversi, all’incirca, alla stessa epoca di G, ma più lacunoso e meno affidabile dl esso.
N = Laurentianus ex Conv. Suppr. 49, databile a cavallo tra il XIV e il XV secolo; ci ha conservato soltanto I-VII, 21, 1, fino alla parola conquisitores.
V = Palatinus Lat. 1510, databile al tardo XV secolo; ci ha conservato solamente una parte dell’epistolario ad Attico, con reiterate, fastidiose lacune.
O = Taurinensis Lat. 495, scritto agli inizi del XV secolo; subì gravi danni a causa di un incendio scoppiato in Biblioteca nell’anno 1904 e, purtroppo, anche numerose correzioni tendenti ad adeguare il testo alle lezioni offerte dai mss. della sottofamiglia Δ .
R = Parisinus Lat. 8538, conservato nella Bibliothèque Nationale, scritto nell’anno 1419.
P = Parisinus Lat. 8536, conservato nella Bibliothèque Nationale, da ascriversi, all’incirca, alla medesima data di R, con il quale ha molti punti di somiglianza quanto ad errori ed interpolazioni; comunque P è in condizioni peggiori. 

Sottofamiglia Δ:
M = Mediceus 49, 18, scritto nell’anno 1393. Rimane ragionevolmente il più antico e più autorevole rappresentante della sottofamiglia Δ , ma risulta altrettanto ragionevolmente che non bisogna spingersi troppo avanti nel tesserne le lodi, fino al punto di asserire che esso sia un apografo diretto del codice che il Petrarca scoprì a Verona nel 1345.
M2 = correzioni da parte di Coluccio Salutati.
M3 = correzioni da parte di Niccolò Niccoli.
M4 = correzioni ovvero, più esattamente, congetture proposte da Leonardo Bruni.
b = Berolinensis ex bibliotheca Hamiltoniana 168, scritto verso la metà del XV secolo.

d = Laurentianus ex bibliotheca aedilium 217, databile al XV secolo.
m = Berolinensis ex bibliotheca Hamiltoniana 166, trascritto da Poggio Bracciolini nel 1408.
s = Urbinas 322, conservato nella Biblioteca Vaticana, databile al XV secolo. 8 = accordo dei codici b d m s.

I mss. della seconda famiglia, la transalpina, sono andati perduti, ad eccezione dei frammenti del cod. Wurceburgensis (W), che sono da ascrivere al secolo XI. Ma per delineare pur con sobrietà il quadro della tradizione transalpina è indispensabile fare i conti anche con le varianti di lezione (C) che Andrea Cratander appose in margine alla sua edizione apparsa a Basilea nel 1528. Egli nella prefazione precisa di essersi giovato di codici scritti in epoca parecchio lontana dalla sua. L’avvalersi cautamente dell’edizione del Cratander lascia intravedere qualche buon frutto, ma l’operazione richiede una buona dose di discernimento. Riescono di una certa utilità anche talune lezioni (ς’) disseminate in codici deteriori o presenti in edizioni anteriori a quella di Cratander. (Su Cratander editore di Cicerone cfr. L.CANFORA in «Ciceroniana» 1996, pp. 177-189). Il terzo rappresentante della famiglia transalpina è il codex Tomesianus (Z), così denominato dal suo possessore, Jean de Toumes, tipografo a Lione, morto nell’anno 1564. Il ms. è perduto, ma alcune lezioni di esso sono state trasmesse dalle attestazioni del Lambino (Z1) e del Bosio (Zb).

Elenco alcuni passi che meritano di essere discussi per le relative scelte testuali:

136 (VII, 13), 5: succonum ex Velia. Cfr. l’apparato: Oppiorum ex Velia Ω. Schütz propose di leggere tuum, eliminando ex Velia. Watt ha scritto sacconum ex Velia e sulle sue orme si è mosso Shackleton Bailey che scrive succonum ex Velia.

TESTO

Aenigma succonum ex velia plane non intellexi; est enim numero Platonis obscurius.

Iam intellexi tuum aenigma; Oppios enim de Velia succones dices. In eo aestuavi diu. Quo aperto reliqua patebant et cum Terentiae summa congruebant.

L’indovinello su quelle sanguisughe di velia non l’ho proprio capito; in realtà è più oscuro del numero di Platone.

Ora sì che ho capito il tuo indovinello: con il termine “sanguisughe” intendi definire gli Oppi di velia. Per risolverlo mi sono spremuto a lungo le meningi, ma, una volta trovato il bandolo della matassa, il resto diventa chiaro e va d’accordo con il totale di Terenzia.